Querela pacis

di Erasmo da Rotterdam




Frammenti in Latino

Ad bellum gestis? Primum inspice, cuiusmodi res sit pax, cuiusmodi bellum, quid illa bonorum, quid hoc malorum secum vehat atque ita rationem ineas, num expediat pacem bello permutare. Si res quaedam admirabilis est regnum undique rebus optimis florens bene conditis urbibus, bene cultis agris, optimis legibus, honestissimis disciplinis, sanctissimis moribus, cogita tecum: haec felicitas mihi perturbanda est, si bello. Contra si quando conspexisti ruinas urbium, dirutos vicos, exusta phana, desolatos agros, et id spectaculum miserandum ut est, visum est, cogita hunc esse belli fructum. Si grave iudicas sceleratam conductiorum militum colluviem in tuam regionem inducere, hos civium tuorum malo alere, his inservire, his blandiri, immo horum arbitrio teipsum ac tuam incolumitatem committere, fac cogites hanc esse belli conditionem. Si abominaris latrocinia: haec docet bellum. Si execraris paricidium: hoc in bello discitur. Nam qui vereatur unum occidere commotus, qui levi autoramento conductus tut homines iugulat? Si presaentissima reipublicae pestis est legum neglectus: silent leges inter arma. Si foedum existimas stuprum, incestum et his turpiora: horum omnium bellum magister est. Si fons omnium malorum est impietas et religionis neglectus: haec belli procellis prorsus obruitur. Si iudicas pessimum esse reipublicae statum, cum plurimum possunt, qui pessimi sunt: in bello regnat sceleratissimi, et quot in pace suffigas in crucem, horum in bellis primaria est opera. Quis enim melius per devia ducet copias quam latro exercitatus? Quis fortius diripiet aedes aut spoliabit templa, quam parietum perfossor aut sacrilegus? Quis animosius feriet hostem et hauriet ferro vitalia, quam gladiator aut paricida? Quis aeque idoneus ad iniiciendum ignem urbibus aut machinis, quam incendiarius? Quis aeque contemnet fluctus marisque discrimina, ac pirata diutinis praedationibus exercitus? Vis palam cernere, quam res sit impia bellum: animadverte per quos geritur.

Si pio principi nihil antiquius esse debet quam suorum incolumitas, hiuc bellum in primis invisum sit oportet. Si principis felicitas est imperare felicibus, pacem potissimum amplecti debet. Si praecipue optandum bono principi, ut imperet quam optimis, bellum detestetur oportet, unde scatet omnis impietatis sentina. Si suas opes esse putet quicquid cives possident, bellum omnibus rationibus vitet. Quod ut felicissime cadat, certe facultates omnium atterit et quod honestis artibus partum est, in immanes quosdam carnifices erogandum. Iam illud etiam atque etiam perpendant suam cupique blandiri causam et suam cuique spem arridere, cum illa saepenumero pessima sit, quae commoto videatur aequissima. Et haec non raro fallit. Sed finge causa iustissimam, finge exitum belli prosperrimum, rationem fac ineas omnium incommodorum quibus gestum est bellum et commoditatum quas peperit victoria, et vide num tanti fuerit vincere. Vix unquam victoria contingit incruenta.

[...]

Quod siquid iniquitatis videbitur habere pax, cave sic cogites: Hoc perdo, sed tanti pacem emo.

At dixerit argutior aliquis: Facile donarim, si res ad me privatim pertineat. Princeps sum, negocium publicum, velim nolim, ago. Non facile bello suscipiet, qui nihil nisi publicum spectat; atqui contra videmus omneis belli causas ex his rebus nasci, quae nihil ad popolum pertineat.

[...]

Iam audio quosdam ita tergiversantes, ut negent se tutos esse posse, nisi vim improborum acriter propellant. Cur igitur inter innumeros imperatores Romanos soli Antonini, pius et philosophus, petiti non sunt? Nisi quod nemo tutius regat, quam qui paratus est et deponere, utpote quod reipublicae generat, non sibi.



Traduzione Italiana

Brami la guerra? Per primo considera che cosa sia la pace, che cosa la guerra, quanto benefica sia la prima, quanto malefica la seconda, e così potrai argomentare se sia vantaggioso scambiare la pace con la guerra. Se è cosa ammirevole un regno ben florido, con città ben costruite, campi ben coltivati, ottime leggi, società onestissima, costumi assai etici, allora pensa: questa felicità sarà da me turbata se mi dò alla guerra. Viceversa, se hai contemplato rovine di città, villaggi distrutti, chiese in fiamme, campagne desolate, e ti pare che sia uno spettacolo miserrimo, pensa che è frutto della guerra. Se giudichi pericoloso condurre una milizia scellerata di mercenari nel tuo paese, rifocillarli a danno dei tuoi civili, servirli, blandirli, te stesso e la tua incolumità mettere addirittura nelle loro mani, pensa bene che questa è la condizione della guerra. Se aborri il banditismo: lo insegna la guerra. Se disprezzi il parricidio, lo si impara in guerra. Come non potrà infatti, in un momento d'ira, uccidere una sola persona chi per pochi soldi sgozza molti uomini? Se la nemesi dello stato è il disprezzo delle leggi: le leggi tacciono fra le armi. Se reputi orrendo lo stupro, l'incesto ed azioni anche più turpi: di tutte queste la guerra è maestra. Se la fonte di tutti i mali e le empietà è il disprezzo della religione: questa naufraga addirittura nelle procelle della guerra. Se giudichi che il peggio per uno stato sia quando i peggiori vi prevalgono: in guerra comandano i più scellerati, e in prima fila nell'azione vi sono coloro che in tempo di pace crocifiggeresti sul patibolo. Chi infatti sa condurre le truppe su percorsi poco battuti se non un esperto brigante? Chi sarà più valente nel saccheggiare case e spogliare chiese di un perforatore di pareti [ladro, da Plauto, Pseudolus, 979] o di un sacrilego? Chi sarà più ansioso di colpire il nemico e affondare la spada nelle sue viscere di un tagliagole o un parricida? Chi sarà tanto abile nel dare alle fiamme le città e le artiglierie che un incendiario? Chi sarà in grado di districarsi fra i flutti marini se non un pirata avvezzo ai saccheggi? Se vuoi discernere quanto empia sia la guerra: osserva chi la conduce.

Se per un buon principe nulla deve essere anteposto all'incolumità dei suoi sudditi, la guerra dovrà sembrargli la cosa da odiare per prima. Se la felicità del principe è di regnare su uomini felici, deve abbracciare stretta la pace. Se l'aspirazione precipua del buon principe è governare su ottime persone, bisogna che detesti la guerra, scaturigine della cloaca di ogni empietà. Se il suo tesoro sono i beni che i cittadini possiedono, eviti in ogni modo la guerra. Per bene che vada, certamente devasta i beni di tutti e costringe ad erogare a mostruosi carnefici il frutto del lavoro onesto. Rifletta e ancora rifletta che ognuno è blandito dai suoi propositi e ad ognuno sorride la sua speranza, salvo che poi il proposito che sull'onda dell'emozione pareva liceissimo si rivela pessimo. E la speranza non di rado delude. Ma immagina pure il più giusto dei propositi, il più prospero degli esiti bellici, ed infine fai il bilancio di tutte le sventure arrecate nel corso della guerra e di tutti i guadagni procurati dalla vittoria, e guarda se valeva la pena. Rara è una vittoria incruenta.

[...]

Che se poi vedete qualche ingiustizia conseguire dalla pace, guardati dal pensare: Ci perdo, bensì guadagno la pace.

Ma qualche arguto dirà: Cederei volentieri, se fosse una mia faccenda privata. Ma sono un principe, e che voglia o no, tratto di affari pubblici. Non s'imbarca facilmente in una guerra chi bada solo al bene pubblico; di contro vediamo come le guerre siano sempre motivate da cose che nulla hanno a che fare col popolo.

[...]

Già odo protestare qualcuno così insicuro che non si sente al riparo se non risponde con la forza ai malvagi. Perché dunque fra gli innumerevoli imperatori romani solo Antonino Pio e il filosofo [Marco Aurelio] non subirono attentati? Nessuno detiene un potere certo, se non chi è disposto a lasciarlo, in quanto lo esercita per lo stato, non per se stesso.



English Translations

Are you longing for war? First of all consider what peace is, what war is, how the former is good, how the latter is bad, so that you could decide if it is suitable to exchange peace with war. If it is a remarkable thing a prosperous kingdom, with thriving cities, well cultivated fields, excellent laws, a very honest society, ethical customs, then think: I will perturb this happiness if I go on the war-path. Vice versa, if you have seen ruins of cities, destroyed countries, burned churches, wasted landscapes, and you think that this is a wretched sight, think that it is a product of war. If you deem dangerous to lead a wicked army of mercenary soldiers in your country, to feed them to the detriment of your people, to serve them, to blandish them, to put yourself and your personal safety in their hands, think that this is the status of war. If you abhor brigandage: this is taught by war. If you despise parricide: it is learned in war. In fact, how could a man, who for few money slays a lot of men, not to kill just one person in a moment of rage? If the enemy of the state is the disregarding for laws: laws are silent under the guns. If you keep for horrible the violation, the incest and even baser deeds: of all them the war is mistress. If the source of all pains and impieties is the disregarding of religion: it is quite wrecked by the storm of war. If you judge that the worst for a state is when the worst people prevails: during the war the most wicked rule, and you may find ready to act those that in time of peace you would crucify on the scaffold. Indeed, who knows how to lead troops on less traveled paths but a skilled bandit? Who will be more valiant to sack houses and to pillage churches but a wall-puncher [thief, from Plauto, Pseudolus, 979] or an impious person? Who will be more eager to shoot the enemy and to dip the sword into his viscera but a murderer or a parricide? Who will be so skillful in committing to the flames towns and artilleries than an incendiary? Who will be in grade of extricating himself between sea waves but a pirate, used to pillage? If you want to understand how pitiless is war: look at who manages it.

If for a good prince nothing must be put before the safety of his subjects, to him the war will be the first thing to hate. If the happiness of the prince is to rule over happy men, he must strongly grasp peace. If the main hope of the good prince is to rule over good people, it is needed that he hates the war, spring of the sewer of every impiety. If his treasure are the property of his citizens, he has to avoid war in any way. Surely it destroys all property and goods, and it forces to give to brutal fellows the outcomes of honest labor. Consider and consider again that everyone is blandished by his projects and his hopes smile on him, but after projects which seemed good, at a first rate, then reveals themselves as bad. And often hopes do deceive. But imagine even the fairest project, the most propitious of war outcome, and at last strike the balance of all misfortunes emerged during the war and of all advantages of victory, and look if it is worth while. Rare are bloodless victories.

[...]

And if you see some unfairness springing from peace, mind to think: I loose something, but I gain peace.

But some sharp thinker will say: I would give up, if it would be a private business. But I am a prince, and wily-nilly I deal with public business. But the one who looks for the common good doesn't declare war upon someone; on the contrary, we see that wars are never motivated by anything dealing with people.

[...]

I already hear to protest some irresolute person who does not feel safe if he does not answer with brute force to the wicked ones. But why wherefore between numberless roman emperors only Antoninus the pious and the philosopher [Marcus Aurelius] did not undergo an attempt? No one holds the power, if it is not disposed to leave it, since he rules in the name of the state, and not for himself.


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