Ignoto

di Giovanni Papini

[da 24 cervelli]




La deplorevole abitudine, ormai invalsa, di parlare soltanto degli uomini che si conoscono e della cui esistenza siamo assolutamente sicuri, ha fatto sì che nessuno s'è curato di scrivere la vita di Ignoto. E badate ch'io non voglio parlare di un ignoto qualsiasi che da un momento all'altro possa esser ricollocato nella classe volgare dei conosciuti o dei riconosciuti, ma proprio di lui, dell'autentico Ignoto, che nessuno conosce.

Tutti i consumatori di penne scrivono solamente intorno ai celebri, ai preclari o almeno agli esseri noti alla polizia e iscritti regolarmente nelle anagrafi municipali. Chi si degnerebbe di dilapidare l'inchiostro per chi non ha nome? E non solo per chi non possiede ciò che i letterati chiamano fama, ma per chi non ha neppure una di quelle triviali coppie di nomiche i tipografi compongono una sola volta: per il bollettino dei defunti?

Gli scrittori credono di giustificarsi ampiamente dicendo: Come possiamo scrivere la vita d'Ignoto dal momento che di lui, appunto perché ignoto, non sappiamo né possiamo saper nulla? Scusa sciocchissima. Le più belle biografie son quelle degli uomini di cui non sappiamo nulla. Sono le più ricche e, nello stesso tempo, le più educative. Esse ci dicono ciò che noi aspettiamo dagli uomini: il nostro ideale dell'uomo, ciò che l'uomo dovrebbe essere.

Ma ciò non fa al caso nostro. Non abbiamo bisogno d'immaginazione. S'è vero che gli omini si conoscon dalle opere sappiamo tante cose d'Ignoto! Direi anzi, se potessi esser creduto, che egli è stato il personaggio più importante della storia, il massimo eroe dell'umanità. Se nessuno mi crede non importa, ma i superstiziosi del noto e i bigotti del catalogo mi ascoltino.

Ignoto è vecchissimo. E' contemporaneo dei primi uomini. In quei tempi si occupò soprattutto di chimica e metallurgia. Inventò la ruota e trovò l'uso del ferro. Più tardi si occupò dei vestiti, ideò la moneta e creò l'agricoltura. Ma presto si disgustò di codesti mestieri materiali e si tramutò in poeta. Durante lunghissimi anni, viaggiando qua e là, immaginò i miti religiosi, compose i Vedi e gli Inni Orfici, fantasticò le leggende del nord, improvvisò i temi eterni dei canti popolari. Nel medioevo scolpì le statue innumerevoli delle cattedrali romaniche e gotiche, coprì di affreschi anonimi le pareti delle cappelle e dei refettori. Anche allora creò novelle e leggende, e i magnifici libri senza nome d'autore son suoi. Solo all'avvicinarsi dei tempi moderni, col progredire della stupida manìa di registrare e scrivere, Ignoto si fece in disparte e si riposò. Una turba immensa di abili vanitosi, di uomini che avevano un nome o volevan farselo, si pose a dipingere, a inventare, a scolpire, a scrivere. Costoro avevano meno genio d'Ignoto, ma erano anche meno modesti di lui e si compiacquero di far sapere a tutti i venti ch'eran proprio loro che avevan fatte quelle tali cose e non altri. Essi non lavoravano solo per la propria gioia o per altrui giovamento, ma soprattutto perché il mondo sapesse che proprio loro avevan lavorato.

Nonostante Ignoto non rimase sempre in ozio. Coll'avvicinarsi della democrazia si buttò alla politica. Le grandi rivoluzioni moderne furon fatte da lui. I puritani inglesi, i ribelli americani, i sanculotti francesi, i volontari italiani furono sue manifestazioni. Sotto il nome di Follia e di Popolo fece paura ai re, rovesciò i demagoghi e si pose in testa di rivoltare il mondo. Ma queste grandi ambizioni non gli impediscono di riandare gli antichi tempi beati: spesse volte passeggia, pensieroso, per le strade secolari, che egli tracciò; si compiace delle semplici forme dei vasi, che prima di tutti modellò, e si rifugia volentieri nelle case, che inventò da fanciullo, ispirandosi ai boschi e alle grotte.

Egli vive ancora e non può morire. La sua attività, dopo i progressi spaventosi della superbia e della réclame, sarà sempre più piccola, ma continuerà ad essere ciò che gli uomini silenziosi erano per Carlyle: il sale della terra. Per dire il vero ho qualche sospetto che in seguito all'ozio forzato e alla tristizia dei tempi sia sdrucciolato sulle vie del delitto. Tutte le volte che i giornali attribuiscono furti con scasso o ferite in rissa ai "soliti ignoti" ho una certa paura che si tratti di lui. Soltanto il plurale mi rassicura.

A giudicare dai ritratti non potrei crederlo capace di cose simili. Avete mai notato in tutte le gallerie del mondo ciò che vien chiamato dai cataloghi e dalle targhette "Ritratto d'Ignoto"? Questi ritratti sono tutti diversi fra loro e i critici pedanti sostengono che si tratta di persone differenti, non ancora identificate, ma io non do ascolto ai critici e ho piena fede nella molteplicità di volti del mio eroe. E guardatelo com'è nobile e bello il volto d'Ignoto! Spesso vien raffigurato sotto l'aspetto di un gentiluomo pensieroso; qualche volta è un giovanetto pallido, visto in profilo, sullo sfondo di una finestra; tal'altra un uomo saggio e maturo, che si trastulla con un guanto o con un falcone. Ma sempre si scorge nella sua figura quella signorilità d'animo e quella naturale riservatezza che gli ha impedito di far divulgare il suo nome dalla bocca oscena della Fama.

* * *

Ciò che precede si potrebbe chiamare uno scherzo imitato da Swift o da Carlyle ma è stato scritto per suggerire sul serio un pensiero serio. Gli uomini, in generale, son troppo inclinati a dar importanza a tutto ciò che ha un nome ed è legittimato da una firma, da una stampa, o da un foglio d'archivio. Essi non pensano abbastanza spesso che la massima parte di ciò che si chiama civiltà è stata fatta da gente di cui ignoriamo le "generalità" e di cui non sappiamo addirittura nulla. Gli sconosciuti, gli anonimi hanno fatto assai di più per noi che non tutti gli illustri che riempiono i dizionari biografici. Le immagini più belle, le melodie più semplici, le stilizzazioni più riuscite, le invenzioni fondamentali sono opera di questo Ignoto, del quale non si curano i panegiristi e gli storici.

Si tratta -perché non dirlo?- di un caso d'ingratitudine incoraggiata dalla pigrizia. Rammentiamo più facilmente le cose quando hanno un nome, e siamo portati più facilmente a fingere la riconoscenza quando abbiamo dinanzi un determinato essere a cui rivolgere le lodi e di cui possiamo inorgoglirci. Il povero Ignoto, colui che pensò ed operò senza curarsi d'apporre un timbro con nome e cognome alle sue opere, senza mandare comunicati ai giornali del mondo, è una figura troppo evanescente e dimenticabile. Gli uomini, anche se ebrei o protestanti, hanno bisogno d'immagini per adorare qualcuno. Quando non sanno il nome e le fattezze di colui che ha fatto qualcosa, sia pure una grande impresa, non riescono a fissarvi sopra il pensiero e a dirigervi la corrente della simpatia o dell'entusiasmo. La loro isradicabile pigrizia fa sì che Ignoto, il grande e millenario benefattore della razza umana, sia dimenticato da tutti.

Con quanto dispetto vedo sulle nostre piazze le innumerevoli statue equestri o pedestri di tanti che hanno scritto tutt'al più qualche noiosa tragedia o hanno saputo tirare qualche felice sciabolata! I greci hanno avuto almeno l'idea profonda di inalzare un altare al Dio Ignoto. Perché gli obliosi moderni non farebbero un monumento al Genio Ignoto?

(1907)


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